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Metodi di divulgazione scientifica

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Su suggerimento di @marabù, @namelotron ed a cura di @Wonder Virgola.

Il sito Valigia Blu torna sulla polemica nata dall’affermazione, sulla sua pagina Facebook da parte del medico Roberto Burioni (“qui ha diritto di parola solo chi ha studiato. Non il cittadino comune. La scienza non è democratica”), chiedendosi quale sia l’approccio più corretto alle tematiche scientifiche, che porti più frutti in termini di divulgazione e informazione tra la popolazione non competente.

Il PUS, (Public Understanding of Science) si basa sul presupposto che il pubblico, nei confronti della scienza, sia qualcosa di sostanzialmente monolitico, estraneo al proprio stesso contesto sociale. Spesso ostile alla scienza, comunque quasi sempre disinformato. Per questo quello del PUS non può che essere un modello di comunicazione  completamente unidirezionale. La conoscenza, una volta fissata, viene trasferita dagli scienziati al pubblico, visto come un contenitore passivo di nozioni. […] Con il passare degli anni, tuttavia, gli studi sulla comunicazione della scienza e sul rapporto tra scienza e società hanno dimostrato che alcuni dei pressuposti su cui si basa il PUS sono semplicistici

Ad essere messa in discussione è stata la stessa concezione della comunicazione della scienza come di un’attività di mera spiegazione di fatti ed evidenze. I fatti, da soli,  possono non bastare a convincere il pubblico della validità di una teoria o di una ricerca.
[…] Il PUS si è quindi evoluto nel PEST (Public Engagement in Science and Technology). Da un approccio “dall’alto verso il basso” si è passati a un modello di comunicazione che, come suggerisce l’espressione, pone l’accento sul coinvolgimento del pubblico, non più visto come recipiente passivo di nozioni ma come soggetto attivo nel processo di trasferimento della conoscenza.

 

Immagine da MaxPixel.


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