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Speciale referendum costituzionale – seconda tappa

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Da un’idea di @Sguenz.

Ecco la seconda puntata di questo speciale di hookii per il referendum sulla Costituzione. Giorni fa abbiamo chiesto a tutti alcune domande che avremmo sottoposto ad alcuni esperti (e molte grazie a Sguenz dell’idea e dell’aiuto).

Le due persone che hanno risposto sono: Lucia Busatta, assegnista di ricerca al Dipartimento di Diritto pubblico, internazionale e comunitario dell’Università di Padova (qui la sua pagina) e Federico Fabbrini, professore dell’Università di Dublino ed esperto di diritto europeo (qui la sua pagina web).

Qui di seguito le domande pervenuteci, purtroppo non siamo riusciti a inviarle tutte perché una è arrivata dopo l’invio delle domande (e ci spiace molto). Potete comunque scrivere nei commenti, i due possono, se vogliono, rispondere. Le risposte sono LB per Busatta e FF per Fabbrini.

 

Quando esattamente un Sindaco decade dal ruolo di senatore?
Per i sindaci l’incarico di senatore è a persona o a istituzione? Quando un sindaco (in carica come senatore magari solo da due anni) perde le elezioni o non può ricandidarsi, viene sostituito da un altro primo cittadino o dal suo successore?

LB (qui risponde anche all’ultima domanda, sul Senato): In base all’articolo 57, che descrive la composizione del nuovo Senato, la durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti. Il successivo articolo 66 aggiunge che «Il Senato della Repubblica prende atto della cessazione dalla carica elettiva regionale o locale e della conseguente decadenza da senatore».

Il sindaco-senatore, quindi, decadrà dal proprio incarico da senatore nel momento in cui il Consiglio regionale che lo ha eletto termina le proprie funzioni, oppure nel caso di dimissioni dalla carica di Sindaco o termine di mandato.

Il nuovo Senato sarà quindi un organo a rinnovo parziale continuo, cioè i suoi membri non cambieranno più simultaneamente come avviene oggi. Essi decadranno e saranno rieletti a rotazione, poiché la durata della loro carica sarà collegata alla “vita” del Consiglio regionale (o provinciale, per le due Province autonome di Trento e Bolzano) che li ha eletti.

 

C’è una simulazione storica della possibile composizione del Senato delle Autonomie proporzionalmente ai risultati delle elezioni regionali dal 2000 in poi?

LB: In realtà no, o meglio, nulla di realmente affidabile.

Alcuni giornalisti, all’indomani dell’approvazione della riforma costituzionale, hanno provato a fare qualche simulazione sulla base delle attuali composizioni dei consigli regionali (cfr., per esempio, Marco Bresolin, La Stampa, 12 ottobre 2015).

Per fare una vera e propria simulazione, però, manca un dato fondamentale, ossia la legge bicamerale per l’elezione del Senato. Se la riforma sarà approvata, bisognerà scrivere questa nuova legge. Si tratterà di una legge ordinaria (non costituzionale) e, in base al testo della nuova Costituzione, sarà una legge bicamerale, cioè dovrà essere approvata da entrambe le Camere. Essa dovrà regolare non solo il modo in cui i cittadini potranno esprimere le loro “preferenze” per i consiglieri-senatori al momento dell’elezione dei Consigli regionali, ma anche le modalità di elezione dei sindaci-senatori (per i quali nel testo della riforma costituzionale non è prevista l’indicazione di preferenze da parte degli elettori, anche se non si può escludere che una eventuale legge elettorale per il Senato preveda comunque questa possibilità). La legge elettorale per il Senato, inoltre, dovrà disciplinare le modalità di sostituzione dei senatori-sindaci eventualmente decaduti (o che si sono dimessi) prima della conclusione della legislatura regionale.

La nuova legge elettorale per il Senato, infine, potrà eventualmente essere approvata dal Parlamento attualmente incarica, prima delle nuove elezioni. Il passaggio dal “vecchio” al “nuovo” Senato e le modalità per l’elezione del “nuovo” Senato in assenza della “nuova legge elettorale sono disciplinate dalle norme transitorie della riforma costituzionale (art. 39 della legge costituzionale).

La proiezione numerica della composizione del nuovo Senato, calcolata sulla base dell’ultimo censimento (2011) è disponibile in un Dossier dedicato preparato dal servizio studi della Camera e sintetizzata e diffusa da Ansa.

Ciò che sarà interessante da verificare, inoltre, riguarda il “modo” in cui i senatori prenderanno il proprio posto a Palazzo Madama: potrebbero infatti sedersi per provenienza geografica, oppure per colore politico. Questo, che potrebbe sembrare un elemento solo di carattere formale, in realtà potrà incidere in modo molto significativo sull’effettiva attività del Senato.

 

È stato molto criticato l’art. 70, quello che descrive come si approvano le leggi. è stato detto che è scritto male, che è confuso e creerà problemi. Sono fondate queste critiche e queste preoccupazioni?

LB: Bisogna anzi tutto chiarire perché l’articolo 70 è stato tanto criticato.

Attualmente, il procedimento legislativo è sempre bicamerale, cioè entrambe le Camere devono approvare il medesimo testo di legge. Nella fase dell’approvazione (il momento durante il quale si lavora sul testo legislativo), i disegni di legge possono, poi, seguire tre diversi tipi di iter (procedimento in commissione referente; procedimento in commissione deliberante; procedimento in commissione redigente). La Costituzione vigente non indica quale tra questi procedimenti le Camere debbano scegliere, salvo specificare che per alcune particolari tipologie di leggi (fra cui la legge elettorale e la legge di revisione costituzionale) è obbligatorio seguire il procedimento per commissione referente, ossia quello che prevede il voto di tutta l’assemblea.

Per questo motivo, l’art. 70 della Costituzione recita: «La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere». Gli articoli seguenti indicano e regolano le varie fasi che il procedimento legislativo deve seguire (iniziativa, approvazione e pubblicazione).

L’articolo 70 che risulta dalla riforma costituzionale, invece, è molto più articolato.

Questo dipende proprio da uno degli obiettivi “chiave” della riforma costituzionale, il superamento del bicameralismo perfetto o paritario: le funzioni e i compiti delle due Camere sono stati differenziati, a partire proprio dal procedimento legislativo (oltre che dalla nuova configurazione del rapporto di fiducia tra Camera e Governo).

Così, le leggi “bicamerali”, ossia quelle per le quali servirà l’approvazione da parte di Camera e Senato sono indicate in un elenco contenuto nel primo comma dell’art. 70. Le altre leggi saranno approvate dalla Camera dei Deputati. Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dovrà essere trasmesso al Senato che potrà decidere se proporre alla Camera alcune modifiche. All’interno del dossier sulla riforma costituzionale preparato dal Servizio studi della Camera è disponibile uno schema del nuovo procedimento legislativo.

L’articolo 70 è stato molto criticato per il fatto che esso è uno dei punti centrali della riforma, disciplina un profilo molto delicato dell’ordinamento statale (cioè l’esercizio della funzione legislativa) e poiché, anche ad un primissimo sguardo, appare molto complesso e articolato.

Da un certo punto di vista, sia per quanto riguarda l’elenco delle leggi bicamerali sia per quello che concerne la possibilità per il Senato di proporre modifiche ad un testo legislativo approvato dalla Camera, non si può escludere qualche “rischio” di eventuali conflitti tra Camera e Senato. Fra le materie “bicamerali” ve ne sono infatti alcune i cui confini non sono nettissimi (ad esempio, la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea) e quindi ci potrebbe essere il dubbio sulla natura bicamerale o meno di una legge da approvare.

D’altro canto, è innegabile che per differenziare le funzioni delle due Camere, anche rispetto all’esercizio del potere legislativo, l’unica strada possibile sia quella della distinzione tra tipologie di leggi e, quindi, di una necessaria articolazione dell’articolo 70, che rappresenta, in un certo senso, lo specchio della complessità del nostro ordinamento.

Ad oggi, non si può prevedere come le due Camere (o meglio, le forze politiche) reagiranno e come si comporteranno al momento dell’eventuale applicazione in concreto delle nuove regole costituzionali. Da un lato, esattamente come è accaduto in un passato piuttosto recente, le opportunità e gli strumenti forniti dalla Costituzione a tutela della democrazia e delle minoranze politiche potrebbero essere utilizzati per finalità diverse da quelle per le quali erano stati pensati e potrebbero, in un certo senso, essere snaturati o abusati. Dall’altro lato, questi stessi strumenti (per esempio, la possibilità per il Senato di proporre modifiche a testi approvati dalla Camera) potrebbero trovare un impiego limitato e marginale.

In altre parole: se la riforma sarà approvata, tutto dipenderà dal modo in cui le forze politiche decideranno di “giocare” questa nuova partita e “interpretare” le nuove regole.

FF: Le critiche al nuovo art. 70 sono ingiustificate. Naturalmente, poiché il nuovo Senato avrà funzioni diverse dalla Camera, è necessario definire in modo più preciso QUANDO il Senato dovrà intervenire: mentre oggi questo non è un problema (poiché il Senato interviene in ogni materia) domani il Senato interverrà solo in alcuni campi, e lo scopo dell’art. 70 è precisamente di spiegare quando e come. A coloro che pensano di dover dare un voto ad un concorso di critica letteraria, invece che ad una riforma costituzionale, conviene anche ricordare che le costituzioni degli altri paesi al mondo con bicameralismo asimmetrico hanno disposizioni analoghe se non ancora più complesse. Ad esempio in Germania, la Costituzione tedesca dedica ben 8 articoli (dall’art. 72 all’art. 79) per spiegare il procedimento legislativo e i casi in cui l’intervento del Senato tedesco (il Bundesrat) è necessario. Insomma, il nuovo art. 70 non è nulla di straordinario sul piano comparato.

 

È vero che le regioni a statuto speciale sono escluse dalla clausola di tutela dell’interesse nazionale?

LB: È vero: la clausola di tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, che permette alla legge dello Stato di intervenire anche in materia non riservate alla legislazione esclusiva non si applica alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome, fino alla revisione dei rispettivi statuti. Quindi, almeno per un primo momento, per questi territori si applicheranno le norme statutarie vigenti e il “vecchio” Titolo V.

Bisogna però tenere presente che la specialità di questi territori implica il fatto che essi sono titolari di funzioni e compiti ulteriori rispetto alle Regioni a statuto ordinario. Per questa ragione si rende necessario modificare gli Statuti speciali (anch’essi devono essere approvati con una legge costituzionale) e ciò richiede, quindi, di rinviare ad un momento successivo l’applicazione del nuovo Titolo V alle Regioni speciali.
FF: Si è vero. La riforma costituzionale NON TOCCA i diritti delle regioni e delle provincie a statuto speciale. Infatti, lo statuto di tali enti locali è tecnicamente contenuto in una norma di valore costituzionale. Sostanzialmente significa che solo una riforma ad hoc delle leggi costituzionali che istituiscono gli statuti delle regioni e provincie speciali potrebbe introdurre delle modifiche accentratrici e soppressive dell’autonomia locale. Quindi, in parole povere, a riforma lascia assolutamente immutata la posizione delle autonomie speciali.

 

Se il Senato post-riforma sarà composto da vari rappresentanti di Enti Locali, come ad esempio i sindaci metropolitani, cosa succederà se le elezioni amministrative si svolgono con tempistiche diverse nelle varie Regioni e città? Ci sarà ancora una legislatura oppure i membri del Senato saranno sostituiti a rotazione continua?

FF: Vista la nuova composizione del Senato, esso sarà un’assemblea la cui composizione ruota in conseguenza dei diversi calendari elettorali a livello locale. In altri termini, non ci sarà più una “legislatura” per il Senato. Al contrario, il Senato sarà un organo nel quale siedono i rappresentanti che in quel dato momento storico sono stati eletti dagli organi locali. Questo tipo di soluzione è piuttosto comune sul piano costituzionale comparato, essendo una conseguenza immediata dell’elezione indiretta dei senatori. Così ad esempio in Germania i membri della Camera Alta (il Bundesrat) – che ne caso tedesco consistono nei membri degli esecutivi regionali – continuano a cambiare in conseguenza del fatto che le elezioni nelle regioni non sono sincronizzate.

 

Come sempre grazie a tutti del contributo! In questo caso un ringraziamento speciale va a Lucia Busatta e Federico Fabbrini che hanno dedicato tempo e studio per rispondere alle domande raccolte.

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