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Storia di Akhenaton, il faraone rivoluzionario

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A cura di @conchita.

Un racconto realistico del regno di Akhenaton fatto attraverso le analisi delle rovine di Amarna, l’antica Akhetaton da lui fondata, e i resti dei suoi poveri sudditi, rinvenuti nei quattro cimiteri scoperti all’inizio degli anni Duemila.

Per anni gli egittologi hanno sperato di studiare i siti di sepoltura della gente comune, ben sapendo che considerata la breve esistenza della città, 17 anni, il rinvenimento di un cimitero avrebbe fornito particolari interessanti e rari sulla vita di ogni giorno.

Akhenaton, sposo di Nefertiti e padre di Tutankhamon, fu un sovrano estremamente innovativo, apportando grandi cambiamenti in campo artistico, religioso e politico. Cambiamenti forti che vennero parzialmente rinnegati già dal figlio, che diventato faraone cambiò il nome Tutankhaton datogli dal padre con quello del dio che da lui era stato rinnegato.

La vera distruzione però avvenne alla prematura morte di Tutankhamon quando Horemheb, capo dell’esercito, si autoproclamò faraone.

Akhenaton operò anche una drastica semplificazione della religione. Gli antichi egizi veneravano almeno un migliaio di divinità, ma il faraone fu fedele a un solo dio: lui e Nefertiti erano gli unici intermediari tra il popolo e Aton e assunsero quindi il ruolo che tradizionalmente spettava ai sacerdoti. Tutto ciò fu probabilmente visto come una minaccia dai sacerdoti dell’antico ordine che servivano Amon. Alcuni anni dopo il trasferimento ad Amarna, il faraone ordinò a squadre di operai di eliminare tutte le immagini di Amon dai templi pubblici. Fu un atto di incredibile audacia: per la prima volta nella storia un sovrano attaccava un dio. Ma le rivoluzioni tendono a rivoltarsi contro i loro più grandi sostenitori, e alla fine questa stessa violenza si sarebbe abbattuta su quanto creato da Akhenaton.

La storia di  Akhenaton, il faraone ripudiato dai suoi successori e dimenticato, non manca di far notare agli egiziani moderni analogie con le vicende politiche attuali.

 

Immagine da pixabay.


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